Revenge Porn: fenomenologia di una emergenza sociale
Genesi della fattispecie
Il 2 aprile del 2019 la Camera dei deputati ha approvato, nell’ambito del disegno di legge recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedure penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, l’emendamento che andava a introdurre nel corpo del codice Rocco l’art. 612 ter, il cosiddetto revenge porn, l’odiosa e tristemente diramata pratica consistente nel vendicarsi dell’ex partner diffondendo, spesso via internet, materiale pornografico che lo ritrae, rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”.
Seguendo questo iter, il 25 luglio 2019 sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la legge 19 luglio 2019 n. 69 denominata “Codice rosso”, che è entrata in vigore il 9 agosto 2019. Il testo include incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori di indole processuale.
La condotta di cui all’art. 612 ter c.p. vede quale soggetto agente non solo un autore conosciuto dalla vittima come l’ex partner ma altresì soggetti estranei i quali, attraverso l’utilizzo di mezzi come ’hacking od il furto di un telefono cellulare o di un personal computer, diffondano immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta.
La collocazione topografica della norma all’interno del Titolo XII, Sezione III, dei “Delitti contro la libertà morale” del codice Rocco, ci suggerisce che il bene leso dalla condotta del reo e giuridicamente tutelato è proprio la libertà di autodeterminazione dell’individuo, tenendo conto che la fattispecie in esame è comunque da considerarsi plurioffensiva, essendo capace di ledere l’onore, il pudore, il decoro e la privacy della vittima.
Come si consuma il reato?
Generalmente quando si consuma il reato di Revenge Porn la diffusione del materiale a sfondo sessuale avviene attraverso svariati canali: il più utilizzato è Telegram che offre un totale anonimato a differenza di Whatsapp. In particolare, si procede alla creazione di gruppi ad hoc nei quali gli utenti condividono video e dati personali di donne e ragazze (anche minorenni), delle proprie fidanzate e figlie, che possono essere visionati e ricondivisi dai c.d. cyberspettatori.
Pornografia e revenge porn
La pornografia sviluppatasi sui canali tradizionali come le riviste, il cinema, le videocassette è ampiamente presente sul web dove il numero delle pagine a contenuto pornografico è quantificato nell’ordine di un terzo dell’intero mondo virtuale.
La regolamentazione della pornografia è legata all’esigenza di mitigare la tutela del buon costume e della pubblica decenza da un lato, e la libertà di espressione e manifestazione del pensiero dall’altro, quest’ultima sancita dall’articolo 21 della Costituzione. Una qualunque condivisione o divulgazione di file multimediali e, come per il revenge porn, di materiale a carattere riservato o pornografico, vede il suo inizio nell’istante in cui il soggetto che pone in atto questa azione entra in possesso delle foto o dei video di suo interesse .
La condivisione delle immagini o dei video
È possibile distinguere diverse tipologie di pubblicazione dei contenuti privati su specifici portali web e la condivisione degli stessi attraverso diverse piattaforme di social network. Concretamente il reo può scegliere di pubblicare il materiale multimediale su portali specializzati in contenuti pornografici. Tali siti consentono a chiunque mediante l’attivazione di un account personale, di eseguire un upload di fotografie o video che sono immediatamente rese disponibili a tutti gli utenti che visitano quel determinato portale.
Bisogna tener conto che molti di questi siti web consentono ai visitatori di eseguire anche un download ossia uno scaricamento del video o della foto oggetto d’interesse, memorizzandola sul proprio dispositivo. Qualora il sito internet dove la foto e il video sono stati pubblicati, consentisse al visitatore la visualizzazione del contenuto, lo stesso potrebbe comunque salvarne una copia sul proprio computer utilizzando degli strumenti di video e screen recording, ottenendo sostanzialmente il medesimo risultato. Anzidetta divulgazione è senza dubbio la più pericolosa perché si tratta di una diffusione c.d. “one to many”. I portali specializzati per la visione di materiale pornografico sono oggetto di visualizzazione da parte di milioni di utenti in tutto il mondo i quali a loro volta possono, dopo aver scaricato il materiale ripubblicarlo su un altro sito.
Ciò accade perché molti di questi siti web offrono un compenso in denaro al soggetto che pubblica o ripubblica immagini o video, tale compenso è quantificato sulla base delle visualizzazioni che i contenuti pubblicati ottengono. Pertanto non è difficile che uno stesso video, possa trovarsi su diversi portali e possa essere pubblicato da diversi soggetti, i quali a loro volta possono averlo scaricato da un sito web sul quale il video in questione era stato postato in precedenza.
Atteso che, nella maggior parte dei casi, questi portali internet sono gestiti da server collocati in Paesi esteri, appare evidente che la possibilità, di individuare il soggetto che per primo ha pubblicato il video o la foto, della vittima segnalata, diviene remota, proprio perché per risalire al suo indirizzo IP, sarebbe necessaria da parte dell’Autorità Giudiziaria l’emissione di una rogatoria internazionale la cui attuazione sarebbe costosa ed altresì complessa.
Le indagini della polizia Giudiziaria e l’identificazione dell’autore del reato
In definitiva, l’identificazione di un soggetto che pubblica una foto o un video su un sito web specializzato in diffusione di materiale pornografico, può avvenire solo ed esclusivamente se quest’ultimo è disposto a fornire all’Autorità Giudiziaria l’indirizzo IP dell’user. Conoscendo l’indirizzo IP la polizia giudiziaria può contattare l’operatore telefonico cui tale indirizzo appartiene per ottenere l’informazione riguardante l’utenza telefonica fissa o mobile associata a tale indirizzo. Nel momento in cui il sito internet sul quale il materiale d’interesse è stato pubblicato non voglia o non possa fornire questa informazione, l’identificazione dell’utente che ha pubblicato diviene molto ardua ma non impossibile. Qualora si conoscesse l’Internet protocol dell’utente che ha pubblicato tale elemento, ciò permetterebbe di risalire all’utenza telefonica a cui è associato questo dato ma non necessariamente al soggetto ad essa connesso; questo può accadere quando chi pubblica, connette il proprio dispositivo ad una rete Wi-Fi libera o come specificato in precedenza, compie tale azione connettendosi da reti estere per le quali le informazioni di identificazione possono essere richieste solo tramite rogatoria internazionale.
Francesco Mazza
- Posted by Francesco Mazza
- On 13 Maggio 2021