Responsabilità e difesa della struttura sanitaria
L’art 7 della legge Gelli – Bianco n. 24/17 ha previsto che la struttura sanitaria, pubblica o privata, la quale nell’adempimento della propria obbligazione si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e non dipendenti della struttura medesima, risponde delle loro condotte colpose o dolose ex art. 1228 c.c. e in via diretta per il proprio inadempimento da contatto sociale ai sensi dell’artt. 1218 c.c.
Tale responsabilità sussiste anche per la professione intramuraria o nell’attività di sperimentazione e ricerca clinica o in regime di convenzione col SSN attraverso la telemedicina.
Contratto di spedalità
La responsabilità della struttura sanitaria si basa sul c.d. contratto di spedalità o di assistenza sanitaria, dal quale nascono una serie di obblighi di protezione accessori, in ragione del semplice ‘contatto sociale’ con il paziente, in forza del quale essa diviene garante della prestazione posta in essere dal medico come persona in grado di eseguirla.
Sebbene sussistano formalmente due contratti aventi ad oggetto, da un lato, prestazioni di natura professionale medica e dall’altro prestazioni di servizi accessori, come quelli di natura alberghiera, infermieristica o la concessione in godimento di macchinari, di attrezzi e di strutture edilizie specificamente destinate allo svolgimento di attività terapeutiche o chirurgiche, l’attività nei confronti del paziente si considera unica.
Infatti, la condotta negligente dell’operatore sanitario non può essere agevolmente “isolata” dal più ampio complesso delle scelte organizzative, di politica sanitaria e di razionalizzazione dei servizi forniti dalla struttura, di cui il medico stesso è parte integrante
La struttura sanitaria, quindi, risponde non solo ex art. 1218 c.c. per le proprie obbligazioni, ma anche ex art. 1228 c.c. dell’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta dal sanitario, quale ausiliario necessario all’erogazione della prestazione, configurandosi la fattispecie della “responsabilità solidale” disciplinata dall’art. 2055 del codice civile, con diritto della struttura al recupero di quanto pagato; il risarcimento per colpa lieve rimane, tuttavia, a carico della struttura.
Cosa può fare, dunque, la struttura sanitaria per difendersi?
Da un lato, giova ricordare che è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale tra l’evento ed il danno subito, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata; dall’altro, alla struttura non resterà che dimostrare non soltanto la colpa esclusiva del medico, ma la derivazione causale dell’evento dannoso da una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, provando la sussistenza dell’imprevedibile e del tutto dissonante “malpractice” medica.
In terzo luogo, sarà opportuno che la struttura sanitaria estenda la copertura assicurativa anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso la struttura sanitaria, anche se in regime libero –professionale, pur non essendo quest’ultima obbligatoria.
La struttura sanitaria potrà inserire nel contratto di collaborazione con il medico, una clausola di manleva, purchè non sia generica ed indeterminata e nel contratto con il paziente, la clausola prevedente il beneficio di preventiva escussione del patrimonio dell’operatore sanitario nella fase esecutiva successiva alla sentenza.
Cristina Flati
- Posted by Cristina Flati
- On 1 Febbraio 2023
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