REPUTAZIONE E RISERVATEZZA
DA DIRITTO DELLA PERSONALITÀ A PERSONALITÀ DEL DIRITTO
I diritti all’onore ed alla reputazione sono diritti assoluti della personalità, ossia riconosciuti ad ogni persona in quanto tale, e sono inalienabili, intrasmissibili, irrinunciabili e imprescrittibili.
Per meglio distinguerli, l’onore è individuato nella percezione che ogni individuo ha del proprio valore, mentre per reputazione si intende la percezione dell’individuo e del suo valore all’interno del contesto sociale.
Trattasi di situazioni giuridiche oggi di particolare interesse, per via del sempre più crescente e diffuso processo d’informatizzazione; potenzialmente esposte a violazioni ad opera di terzi e che interessano trasversalmente differenti branche del diritto.
In considerazione dell’attualità della tematica per via dalla sempre più crescente tendenza a condividere in rete dati ed opinioni, con il presente articolo, insieme ad altri che seguiranno, l’argomento sarà approfondito trattando principalmente la reputazione e la privacy nel web, a confronto col diritto di critica e di cronaca ed esaminando i possibili rimedi alla lesione dei diritti.
Per meglio comprendere la portata dei diritti all’onore ed alla reputazione, vale la pena premettere che gli stessi trovano ispirazione e copertura nelle più alte fonti del diritto, sia nazionale che sovranazionale, dall’art. 2 della Costituzione italiana che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, passando per la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, giusto per citarne alcuni.
Dunque dalla seconda metà del secolo scorso, messe a tacere, quantomeno in Europa, le idee totalitaristiche, la persona ha acquisito dignità propria, è diventata centro di diritti e libertà, ha riacquistato la propria invasa intimità, individualità ed identità, svincolandosi dal collettivismo e dal primato dello Stato sulla persona quale elemento strumentale ed asservito al primo e, punto su cui riflettere oggigiorno, si è riappropriata della responsabilità di ciascuno di fronte all’altro.
Responsabilità che a ben vedere, in tema di rispetto e privacy dell’altrui persona, appare invero ora spesso rinnegata con celere facilità, forti della tecnologia a disposizione che ha rivoluzionato anche la concezione del tempo e dello spazio.
Anche per questo ormai la lesione dei detti diritti della personalità si rileva sotto molteplici forme che non comprendono solo la diffamazione, la violazione financo il furto del nome e dell’identità ma anche le più recenti lesioni del diritto all’oblio, alla privacy ed alla riservatezza, sino ad arrivare al cyberbullismo e cyberstalking.
Della reputazione non se ne occupa tanto il codice civile, che la menziona giusto nell’articolo dedicato all’abuso dell’immagine altrui, quanto il codice penale che, al netto della depenalizzazione del reato d’ingiuria, definisce la diffamazione come l’offesa all’altrui reputazione attraverso la comunicazione con più persone.
La reputazione, che nel corso degli anni si è frequentemente confrontata col diritto di cronaca e di critica giornalistica, in questo XXI secolo ha trovato nel web il suo campo di scontro e la giurisprudenza, nel bilanciare gli interessi applicando anche leggi datate, ha dovuto tener in giusto conto diversi elementi in continua evoluzione, quali il contesto storico e sociale nonché l’evoluzione informatica e della comunicazione.
E dunque, come meglio verrà approfondito nei successivi articoli, il diritto di cronaca – e con i dovuti distinguo anche la critica e la satira – per non intaccare la reputazione, è stato chiamato a rispettare i limiti dell’interesse pubblico della notizia, della verità dei fatti e dell’esposizione formale contenuta e corretta, oltre che a garantire per legge risposte e rettifiche su richiesta dell’interessato.
Ed a ben vedere, in meno di un secolo la proiezione sociale dell’individuo quale bene giuridico meritevole di tutela ha conquistato svariati confini, elevandosi a diritto all’identità personale ed oggi financo digitale. Non deve tra l’altro stupire che il diritto all’identità personale, di creazione giurisprudenziale in materia di lesione della reputazione, viene normativamente menzionato soltanto nel 1996 con la legge sulla “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”.
Ebbene, quella legge n. 675/1996 non associa all’identità personale la parola “reputazione”, anzi non è per nulla menzionata in tutto il testo della legge. La L. 675/1996 invero associa all’identità personale la riservatezza.
Nulla di impressionante in ogni modo.
Il diritto all’identità personale concretizza l’interesse dell’individuo a manifestarsi nella collettività sociale con la sua precisa identità costituita dall’insieme dei suoi dati, delle sue convinzioni e caratteristiche. Lo si ricava anche dall’ultimo intervento del legislatore europeo che con il Reg. UE n. 679/2016 ha espressamente considerato che la violazione dei dati personali può arrecare pregiudizio alla reputazione.
Certo, il diritto alla privacy è il diritto alla protezione dei dati e non sulla reputazione sociale, ma i due concetti, prima ancora dei rispettivi diritti, sono strettamente connessi, proprio in considerazione del fatto che la reputazione concerne la rappresentazione sociale della propria identità, integrata certamente dai dati personali dell’interessato e risultante da un’indagine ex ante.
Sta di fatto che proprio nell’epoca in cui si è spinti dalla necessità di espandere e condividere il più possibile la propria identità personale, sfruttando al massimo le nuove tecnologie ed il web, ci si ritrova ad essere parte di qualcosa in cui le regole vengono troppo spesso recepite in modo confusionario e svilite nel loro carattere imperativo. Oltre che nei fattori sociali e nell’errata convinzione che la rete sia un porto franco, la causa forse è riconducibile al fatto che la legge, in tema di privacy e reputazione nei rapporti personali tra persone fisiche, non ha di certo seguito il passo della globalizzazione e dell’evoluzione tecnologica.
Ora, a prescindere da ogni considerazione sulla necessità di interventi legislativi in tal senso e volendo enfatizzare una riflessione sul fenomeno, a tratti sembrerebbe che, una volta conquistato il diritto della personalità, la condotta sociale in tema di reputazione e riservatezza, quantomeno in rete, ci stia riportando alla medioevale personalità del diritto, principio attraverso il quale ognuno si attiene alla legge che gli è propria ed in base alla stessa va giudicato dalla propria faida, non potendo neanche i tempi della giustizia fornire pronta soluzione ad ogni singola controversia.
Per meglio spiegare, oggigiorno divulgare l’identità personale è tanto importante quanto salvaguardare la reputazione che, nella visione collettiva, grazie alla realtà virtuale, si riferisce sempre più al proprio profilo ideale, così come proposto dal diretto interessato, diventando sempre più autoreferenziale e fondendosi con quello che appare un ormai anacronistico concetto di onore. La rappresentazione di noi stessi nella società è diventata di primaria importanza ma in questo gioco è diventata talmente frenetica la nostra condotta che manca la preoccupazione, o quantomeno la consapevolezza, di come farlo e se è lecito farlo. Di tutta conseguenza, da un lato si assiste ad una generalizzata confusione sui concetti di riservatezza, trattamento dei dati personali e reputazione con relative rivendicazioni spesso infondate o mal poste e dall’altro si presta poca attenzione alla diffusione dei propri dati personali.
Con l’avvento della comunicazione di massa, l’informatizzazione e la sempre più crescente facilità ad accede ad ogni sorta d’informazione condivisa ormai con altrettanta estrema facilità, in uno scenario pieno di contrasti, si sono evoluti e incrementati anche i possibili rimedi alla lesione dei diversi diritti ma, per come è determinato il sistema, difficilmente il rimedio riesce ad essere tempestivo ed a rispondere efficacemente al dinamismo della rete, anche perché l’interessato che subisce la lesione non è magari principalmente interessato ad ottenere un risarcimento economico.
Tra i detti rimedi, sarà oggetto di più attenta riflessione il più recente diritto all’oblio, ossia il diritto ad essere dimenticati, il cui esercizio va valutato anche alla luce dell’eventuale contrapposto interesse al trattamento del dato personale del titolare dello stesso trattamento.
Vale la pena anticipare che il carattere illecito della virale persistenza dei dati personali sul web è oramai una conquista ma assai tortuoso può risultare il percorso per il raggiungimento dell’obiettivo da parte del semplice utente. Questo perché la platea dei soggetti coinvolti spazia tra aziende non in confidenza con una normativa di settore ed in evoluzione ed altre che, in quanto colossi del web, tendono ad un’interpretazione ed applicazione in linea con la loro politica imprenditoriale.
Dunque, al netto di quelli che sono i rimedi più tradizionali quali l’applicazione della sanzione penale, la pubblicazione della sentenza, la rettifica, la cessazione del fatto lesivo ed il risarcimento del danno, richieste quali trasformazione in forma anonima, cancellazione, deindicizzazione, rimozione contenuti più o meno obsoleti ecc…, oltre a dover essere indirizzate al giusto soggetto responsabile, devono corrispondere ad un legittimo diritto che può dover passare dal vaglio di un contrapposto diverso interesse. Con l’utile precisazione finale sul punto che, sebbene il nuovo regolamento europeo sulla privacy non si applica al trattamento di dati personali effettuato da una persona fisica nell’ambito di attività a carattere esclusivamente personale, lo stesso si applica ai titolari del trattamento che forniscono i mezzi, quali ad esempio i social network, per trattare dati personali nell’ambito di quell’attività a carattere personale.
Lo studio legale Meplaw ormai da anni si occupa attivamente della tutela della privacy e della reputazione, adottando precise strategie per ogni singolo caso. Affidarsi ai suoi professionisti garantirà competenza e professionalità.
Alfonso Massimo Cimò
- Posted by Alfonso Massimo Cimò
- On 3 Giugno 2020