Processo penale: gli screenshot sono validi come le foto
È lecito acquisire lo screenshot[1] dello schermo di un cellulare sul quale compaiano messaggi sms: questo è quanto sancito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 8332/2020.
Il principio veniva affermato in seno alla decisione sul ricorso proposto dall’imputato avverso una sentenza di condanna per i reati di cui all’art. 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1, sull’addebito di aver costretto, con violenza, una minore di quattordici anni a subire atti sessuali.
Il ricorrente lamentava svariati vizi di motivazione della sentenza di merito, ritenuta mancante, insufficiente e comunque contraddittoria, e rimarcava altresì l’eccezione di inutilizzabilità degli screenshot dei messaggi telefonici pervenuti sul cellulare della madre della persona offesa e solo fotografati.
Su questo rilievo, la difesa ribadiva che la prova era stata acquisita irritualmente, con la conseguente incertezza in ordine alla provenienza dei messaggi, sia per la mancata disposizione di una perizia informatica volta ad accertarne il mittente, sia a causa della mancanza di qualsiasi elemento idoneo a collegare l’utenza telefonica dalla quale erano stati inviati, ascritta ad un utente pugliese laddove il ricorrente era residente a Bergamo.
Tuttavia, la censura veniva ritenuta manifestamente infondata per un duplice ordine di ragioni: in primis, la Suprema Corte evidenziava come il ricorrente ometteva di illustrare l’incidenza di tale elemento di prova sulla struttura argomentativa del provvedimento impugnato, determinandone la assoluta infondatezza nel giudizio di legittimità.
In secondo luogo, gli Ermenllini chiarivano che: “non esiste alcuna illegittimità nella realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare, sul quale compaiano messaggi sms, allo scopo di acquisirne la documentazione, non essendo imposto dalla legge alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste, sostanzialmente, nella realizzazione di una fotografia e che si caratterizza solamente per il suo oggetto, costituito, appunto, da uno schermo sul quale siano leggibili messaggi di testo, non essendovi alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto, con la conseguente legittimità della sua acquisizione.”.
Sicché, l’orientamento della Suprema Corte circa la valenza probatoria degli screenshot nel processo penale appare ormai consolidata: si ritiene che le conversazioni intrattenute attraverso l’utilizzo di strumenti informatici costituiscono una forma di memorizzazione di un fatto storico comparabile ad una prova documentale e, pertanto, utilizzabile ai fini probatori (Cass. pen. sez. V, sentenza 6 gennaio 2018 n. 1822).
Non a caso, il concetto di prova documentale, così come regolato dall’art. 234 c.p.p., consente di ricomprendere in tale alveo, ogni scritto od altro documento in grado di rappresentare fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
E dunque solo il caso di ricordare che agli screenshot, non è applicabile né la disciplina dettata dall’art. 254 c.p.p., giacché la nozione di corrispondenza implica un’attività di spedizione in corso comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito, né, tantomeno, la disciplina delle intercettazioni, la quale postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso.
È conseguenza logica che i documenti, tra cui gli screenshot, si caratterizzano per essere prove precostituite ovvero formate fuori dal processo che, per acquistare efficacia probatoria, devono essere ammessi dal Giudice su richiesta di parte, sempre che siano pertinenti e rilevanti, ovvero semplicemente prodotte/acquisite nel procedimento nella fase delle indagini preliminari.
Valeria Picaro
[1] Nel linguaggio informatico lo screenshot è un processo che consente di salvare sotto forma di immagini ciò che viene visualizzato sullo schermo di un computer o di un telefonino.
- Posted by Valeria Picaro
- On 14 Luglio 2020