L’ANNULLAMENTO DEL CONTRATTO PER DOLO OMISSIVO
Nella fase delle trattative contrattuali le parti spesso omettono intenzionalmente di comunicare circostanze fondamentali per il consenso dell’altro contraente. Ma quando è che tali comportamenti reticenti costituiscono dolo omissivo e consentono quindi di annullare il contratto?
IL DOLO
Il dolo, unitamente all’errore e alla violenza, costituisce uno dei c.d. vizi del consenso, espressione con cui si identificano tutti quei fattori idonei ad alterare il processo di formazione della volontà di una parte contrattuale.
In presenza di tali vizi, il contraente il cui consenso risulti “viziato” è legittimato a richiedere l’annullamento del contratto e può dunque ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato in esecuzione degli obblighi contrattuali.
All’interno dei vizi del consenso, l’istituto del dolo individua ogni tipo di inganno e raggiro posto in atto da una parte al fine di indurre l’altro contraente a stipulare un contratto che altrimenti non avrebbe concluso (c.d. dolo determinante o dolo vizio, causa di annullabilità del contratto) o che avrebbe stipulato a condizioni diverse (c.d. dolo incidente, fonte di responsabilità al risarcimento del danno determinato dalla condotta dolosa).
IL DOLO OMISSIVO
Nel diritto civile, si distingue tipicamente tra dolo commissivo e dolo omissivo: si ha dolo commissivo quando il raggiro viene realizzato attivamente, ingannando la controparte mediante fatti, notizie o parole false; si è invece in presenza di dolo omissivo qualora si nascondano alla conoscenza dell’altro contraente, con il silenzio o la reticenza, fatti o circostanze decisive per la formazione del suo consenso.
In tema di dolo omissivo, tuttavia, la questione primaria che hanno dovuto affrontare le Corti è stata quella di contemperare i reciproci interessi dei contraenti e individuare quindi il limite tra il dovere di informare la controparte e l’onere della controparte stessa di informarsi e di non confidare negligentemente nell’altro contraente al fine di ottenere informazioni acquisibili con l’uso della normale diligenza.
La Suprema Corte ha pertanto stabilito – con formula che ricorre costantemente tanto nella giurisprudenza di legittimità quanto in quella di merito – che il dolo omissivo può essere causa di annullamento del contratto solo quando il silenzio e la reticenza si inseriscano in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito (fra tutte, Cass. civ., n. 11038/1991; Cass. civ., n. 8295/1994).
In altri termini, il meccanismo di funzionamento del dolo omissivo prevede una condotta sostanzialmente commissiva – consistente nel rappresentare alla controparte un contesto non rispondente al vero – al cui interno si inserisce il comportamento silente o reticente avente ad oggetto circostanze decisive per il consenso della parte ingannata.
Alla base di tale principio risiede l’argomentazione secondo cui il semplice silenzio e la reticenza, in quanto mere condotte omissive, non producono nell’altro contraente una falsa rappresentazione della realtà, ma si limitano a non contrastare la percezione di essa alla quale sia pervenuta la controparte stessa.
Particolarmente emblematica in tal senso è la pronuncia della Suprema Corte relativa ad un caso di una donazione di un immobile effettuata dal suocero a favore della nuora, in cui è stato escluso che il silenzio mantenuto dalla donataria circa la propria intenzione di separarsi dal marito, figlio del donante, configurasse un’ipotesi di dolo omissivo (Cass. civ., n. 5549/2005).
Per contro, la sussistenza di detta tipologia di dolo è stata ravvisata sia dalla giurisprudenza di merito che, soprattutto, da quella di legittimità in un numero particolarmente limitato di casi: basti pensare, infatti, che tra le pronunce della Suprema Corte degli ultimi 40 anni è possibile riscontrare soltanto 4 sentenze favorevoli al riconoscimento di dolo omissivo.
Tale circostanza, dunque, permette di comprendere l’estrema circospezione con cui le Corti valutano il silenzio e la reticenza ai fini dell’annullamento del contratto, motivata dall’interesse primario di evitare che qualsiasi omissione informativa possa essere invocata a proprio favore dalla controparte insoddisfatta dell’affare concluso.
Tuttavia, i giudici di merito (e in particolar modo i Tribunali) hanno dimostrato complessivamente una maggior apertura nei confronti dell’istituto del dolo omissivo, testimoniata dalle non infrequenti sentenze che in più di un’occasione ne hanno prima rilevato la presenza, per poi essere riformate nei successivi gradi di giudizio; circostanza che consente pertanto di non vedersi del tutto preclusa la possibilità – quanto meno dinanzi ai giudici di prime cure – di ottenere l’annullamento del contratto.
- Posted by MepLaw
- On 15 Ottobre 2019