L’algoritmo della reputazione viola la dignità personale
Il progetto di misurazione del “Rating Reputazionale” sembrerebbe violare le norme del Codice sulla Protezione dei dati personali.
Infatti risulterebbe incidere negativamente sulla dignità della persona.
Questo quanto stabilito dal “GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI” durante i primi giorni dell’anno.
Quanto asserito dal Garante era già stato oggetto di disamina nell’ormai noto Doc Web 596783 del Dicembre 2016 presente nel sito del Garante.
Il Garante stabiliva infatti che:
“L’infrastruttura, costituita da una piattaforma web e un archivio informatico, dovrebbe raccogliere ed elaborare una mole rilevante di dati personali contenuti in documenti “caricati” volontariamente sulla piattaforma dagli stessi utenti o “pescati” dal web. Attraverso un algoritmo, il sistema assegnerebbe poi ai soggetti censiti degli indicatori alfanumerici in grado, secondo la società, di misurare in modo oggettivo l’affidabilità delle persone in campo economico e professionale”
Il progetto, elaborato da una società preposta alla gestione di tale attività di Rating, consisterebbe in una piattaforma web e in un archivio digitale che raccoglierebbe tutte quelle informazioni personali su diversi tipi di individui ( siano essi aziende, imprenditori, liberi professionisti ed anche cittadini ) cercate dagli utenti attraverso il web.
Attraverso un algoritmo il sistema ideato dalla Società in questione sarebbe ( a loro dire ) possibile misurare “oggettivamente” l’affidabilità delle persone in campo economico e professionale attribuendo dunque un punteggio idoneo ( il c.d. Rating ) commisurato alla reputazione online afferente al soggetto ricercato.
Tale progetto, il Garante insiste, dovrà considerarsi carente di tutti i presupposti per potersi considerare sicuro disponendo il divieto di qualsiasi operazione di trattamento presente e futura per il progetto di rating reputazionale.
Nello specifico il Garante precisa;
“si ritiene che il sistema comporti rilevanti problematiche per la privacy a causa della delicatezza delle informazioni che si vorrebbero utilizzare, del pervasivo impatto sugli interessati e delle modalità di trattamento che la società intende mettere in atto. Pur essendo infatti legittima, in linea di principio, l’erogazione di servizi che possano contribuire a rendere maggiormente efficienti, trasparenti e sicuri i rapporti socioeconomici, il sistema in esame – realizzato peraltro in assenza di una idonea base normativa – presuppone una raccolta massiva, anche on line, di informazioni suscettibili di incidere significativamente sulla rappresentazione economica e sociale di un’ampia platea di individui (clienti, candidati, imprenditori, liberi professionisti, cittadini).
Il “rating reputazionale” elaborato potrebbe ripercuotersi sulla vita delle persone censite, influenzando le scelte altrui e condizionando l’ammissione degli interessati a prestazioni, servizi o benefici.
Per quanto riguarda, poi, l’asserita oggettività delle valutazioni, la società non è stata in grado di dimostrare l’efficacia dell’algoritmo che regolerebbe la determinazione dei “rating” al quale dovrebbe essere rimessa, senza possibilità di contestazione, la valutazione dei soggetti censiti. L’Autorità nutre, in generale, molte perplessità sull’opportunità di rimettere ad un sistema automatizzato ogni decisione su aspetti così delicati e complessi come quelli connessi alla reputazione. Senza contare, infatti, la difficoltà di misurare situazioni e variabili non facilmente classificabili, la valutazione potrebbe basarsi su documenti e certificati incompleti o viziati, con il rischio di creare profili inesatti e non rispondenti alla identità sociale delle persone censite.
Dubbi sono stati espressi dal Garante anche sulle misure di sicurezza del sistema – basate, prevalentemente, su sistemi di autenticazione “debole” (user id e password) e su meccanismi di cifratura dei soli dati giudiziari secondo l’Autorità davvero inadeguate, specie se rapportate all’elevato numero di soggetti che potrebbero essere coinvolti e all’ingente quantitativo di informazioni, anche molto delicate, che verrebbero registrate all’interno della piattaforma.
Ulteriori criticità, infine, sono state ravvisate nei tempi di conservazione dei dati e nell’informativa da rendere agli interessati“
- Posted by MepLaw
- On 22 Febbraio 2017