La Riforma Cartabia del Processo Civile: il Giudizio di Appello
Prosegue il ciclo di approfondimenti sulle novità apportate dalla Riforma Cartabia al Processo Civile; in questo articolo esamineremo le modifiche relative al giudizio di appello.
Preliminarmente, si evidenzia che la riforma ha inciso anche sulla disciplina generale delle impugnazioni, recependo i consolidati orientamenti giurisprudenziali novando gli artt. 326 decorrenza dei termini e 334 c.p.c. impugnazioni incidentali tardive.
La citazione in appello
La Riforma Cartabia modificando e rinnovando l’art. 342 c.p.c., ha previsto che l’atto di citazione in appello, oltre a dover osservare i requisiti formali dell’art.163-bis c.p.c., deve indicare nella motivazione, a pena di inammissibilità, “in modo chiaro, sintetico e specifico” le deduzioni sul capo della decisione di primo grado impugnato, in luogo della “parte del provvedimento che si intende appellare”, le censure proposte alla ricostruzione dei fatti effettuata dal giudice di primo grado, le violazioni di legge denunziate e la loro rilevanza ai fini della decisione. È stato eliminato il rinvio all’art. 163-bis c.p.c. concernente i termini liberi tra la citazione e la prima udienza, che rimangono fermi a 90 giorni se l’atto è notificato in Italia ovvero 150 giorni se notificato all’estero.
L’appello incidentale e la comparsa di costituzione
Parimenti, la Riforma Cartabia, coerentemente alle modifiche apportate alla disciplina generale delle impugnazioni, ha novellato anche l’art. 343 c.p.c.. L’articolo dispone, nella nuova formulazione, che l’appello incidentale, a pena di decadenza, è da proporre nella comparsa di costituzione e risposta, entro e non oltre 20 giorni prima dell’udienza fissata nell’atto di citazione e/o dell’udienza fissata ex art. 349 bis c.p.c. Si desume, ragionevolmente, che tale termine valga per la comparsa in appello che non presenti appello incidentale, limitando il richiamo alle previsioni per il giudizio di primo grado, in questo caso, alle sole forme. Si otterrebbero altrimenti due irragionevoli termini differenziati per il convenuto in appello che proponga o meno appello incidentale.
La sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento appellato
Nuova disciplina anche per la sospensione dell’esecutività del provvedimento appellato. La disciplina ante Riforma, disponeva che dovesse essere proposta a pena di inammissibilità nell’appello principale o incidentale, entro la prima udienza; la nuova disciplina, invece, più flessibile sul punto, consente il deposito dell’istanza di sospensione dell’esecutività anche nel corso del giudizio d’appello, nonché la riproponibilità della stessa, in caso di mutamenti delle circostanze che vanno specificatamente indicate nel ricorso a pena di inammissibilità.
L’istanza di sospensione riformata, avente ad oggetto la sospensione dell’efficacia esecutiva ovvero dell’esecuzione qualora questa sia già iniziata, per essere concessa deve far sì che l’impugnazione appaia “manifestamente fondata” o che dall’esecuzione derivi un “pregiudizio grave ed irreparabile”. L’istante con ricorso, presentato al Presidente del Collegio in CDA, può chiedere la decisione prima dell’udienza. Il Presidente con decreto ordina la comparizione delle parti in camera di consiglio davanti a sé o all’istruttore, con lo stesso decreto se ricorrono giusti motivi di urgenza, può disporre, la provvisoria ed immediata sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza, in tal caso, con ordinanza non impugnabile, all’esito dell’udienza in camera di consiglio, il collegio conferma revoca o modifica il provvedimento di sospensione.
Se l’istanza, invece, è proposta nel corso del giudizio si apre un subprocedimento di natura incidentale; il collegio fissa l’udienza di comparizione delle parti per l’inibitoria, da svolgersi dinanzi al consigliere istruttore che relaziona al Collegio che emetterà ordinanza. La Riforma Cartabia, ha previsto all’art. 283 c.p.c., a scopo deflativo, una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000, a carico della parte che sottoponga un’ istanza di sospensione inammissibile o manifestamente infondata, la sanzione è disposta con ordinanza non impugnabile, ma eventualmente revocabile con la sentenza che definisce il giudizio. In linea con i principi della riforma all’art. 351 c.p.c. prevede che se il consigliere istruttore reputa l’impugnazione già matura per la decisione, ricalcando la fase decisionale del rito semplificato ex art. 281-sexies c.p.c. (https://www.meplaw.net/la-riforma-cartabia-del-processo-civile-il-nuovo-procedimento-semplificato-di-cognizione/), differisce l’udienza per l’inibitoria con concessione alle parti un termine per la difesa, non inferiore ai termini a comparire, a seguito della quale, contestualmente all’adozione di provvedimenti in merito, il collegio fissa dinanzi a sé direttamente l’udienza di precisazione delle conclusioni e la relativa discussione orale, fissando inoltre i termini per il deposito anticipato di note conclusionali.
L’abolizione del filtro in appello
Ulteriore novità introdotta dalla Riforma Cartabia, è stata l’abrogazione del c.d. filtro in appello, espunto dal sistema con la modifica degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., elemento di deflazione del contenzioso introdotto nel 2012 criticato dalla dottrina, mostratosi inefficace nella prassi. Il novellato art. 350-bis c.p.c., in luogo del filtro, ha previsto la discussione orale qualora il giudice ravvisi che l’impugnazione sia inammissibile o manifestamente infondata, all’esito della quale provvede con sentenza succintamente motivata che traduce il vecchio sistema del filtro in appello, in una trattazione accelerata e semplificata, che si conclude comunque nella trattazione del merito.
La reintroduzione del Giudice Istruttore
Il legislatore ha novellato 349-bis cpc, reintroducendo, dopo l’abolizione del 1990, la figura del Giudice Istruttore. Quindi, il Presidente, se non intende nominare il relatore e disporre la comparizione delle parti davanti al collegio per la discussione orale, designa, fra i componenti del collegio, il giudice istruttore per la trattazione ed istruzione della causa. Il giudice istruttore può: differire con decreto, dell’udienza di comparizione entro 45 giorni; svolgere le verifiche sull’integrità del contraddittorio, comprese eventuali dichiarazioni di contumacia; riunire gli appelli; svolgere l’esperimento del tentativo di conciliazione con comparizione delle parti, se ritenuto opportuno; decidere sull’ammissibilità delle prove e la relativa assunzione. La nomina del consigliere istruttore comporta inoltre la scelta di proseguire col modello processuale ordinario.
La nuova fase decisoria: forma orale e forma scritta
La fase decisoria del giudizio di appello è stata riformata predisponendo un bivio fra la forma di trattazione orale e quella di trattazione scritta. La prima, strutturata sul nuovo procedimento semplificato, è la forma più agile, indicata sostanzialmente come modalità primaria di trattazione; la modalità scritta rappresenta invece la fase decisoria ordinaria, ricalibrata sul rinnovato giudizio ordinario di primo grado. Il nuovo art. 350-bis c.p.c., rubricato “decisione a seguito di trattazione orale”, rappresenta la modalità decisoria in forma semplificata , quindi il giudice istruttore quando ravvisa che il gravame sia manifestamente infondato o inammissibile o qualora l’impugnazione appaia manifestamente fondata o, ancora, egli ritenga opportuno procedere in tal senso, vista l’urgenza o la ridotta complessità della causa, fissa l’udienza dinanzi al collegio e assegna alle parti i termini per il deposito delle sole note conclusionali. All’udienza il giudice collegiale, dopo la relazione orale della causa da parte dell’istruttore e previa deliberazione in camera di consiglio, pronuncia la sentenza dando lettura del dispositivo e della motivazione sintetica o si riserva il deposito della sentenza entro i 30 giorni successivi, se la causa presenta una complessità imprevista dopo la discussione.
Quanto al modulo ordinario l’art. 352 c.p.c., stabilisce che, laddove la causa non è matura per la decisone e non ricorono i presupposti per la discussione orale e la decisone in forma semplificata, l’istruttore fissa dinanzi a sé un’altra udienza per la remissione della causa in decisione, assegnando alle parti termini perentori da calcolare a ritroso di 60, 30 e 15 giorni, rispettivamente per il deposito di note scritte, comparse conclusionali e note di replica, salvo rinuncia delle parti.
La remissione al giudice di primo grado
Il legislatore del 2022, ha abrogato l’art. 353 c.p.c., che prevedeva la remissione della causa al giudice di prime cure per motivi di giurisdizione, limitando la rimessione alle sole ipotesi più gravi relative alla violazione del contraddittorio previste nel novellato art. 354 c.p.c., in tali casi, tassativi, le parti dovranno riassumere la causa entro il termine perentorio di 3 mesi dalla notificazione della sentenza. La legge tace sull’eventualità che la sentenza non venga notificata; sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, appare ragionevole ritenere che, in tal caso, risulti quello ex art. 327 c.p.c., ossia 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza. Il decorso del termine sarà inoltre ovviamente interrotto in caso di ricorso in Cassazione.
Dopo aver dato spazio alle novità in tema di giudizio di appello la prossima pubblicazione tratterà il rinnovato “Giudizio di esecuzione“.
Dott. Fabio Colaiori
- Posted by Fabio Colaiori
- On 28 Settembre 2023
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