LA MEDIAZIONE PENALE MINORILE E LA C.D.“CHILD FRIENDLY JUSTICE”
Con il presente contributo si procederà ad illustrare l’istituto della mediazione penale minorile nel sistema legislativo italiano e sovranazionale ed il concetto di “child friendly justice”.
La giustizia nell’ambito minorile si caratterizza per la peculiare tutela riservata al minore, in virtù della vulnerabilità dovuta al momento di sviluppo psico-fisico e della personalità in fieri.
Norma di riferimento in tale ambito, a livello sovranazionale, è sicuramente l’art. 2 delle Regole di Pechino, che recita:
“A juvenile is a child or younger person who, under the respective legal systems, may be dealt with for an offence in a manner which is different from an adult.”.
Le origini e le ragioni
Proprio in virtù della maggiore attenzione nei confronti del minore, la giustizia riparativa si pone al centro dei procedimenti penali minorili, ove il programma riparativo viene utilizzato sia nelle cause in cui il minore è autore del reato, sia in quelle in cui lo stesso è la vittima.
La definizione di “child friendly justice approach” rappresenta pienamente il diritto del minore ad avere una giustizia “su misura”, dove l’ascolto e la partecipazione attiva nel procedimento rappresentano la via principale per analizzare, non solo la natura del reato commesso, ma anche le cause profonde che hanno spinto il minore a compierlo. Lo scopo di tale scelta è “riparare” ciò che viene “rotto” sia esternamente, nelle dinamiche relazionali, sia internamente, nella psiche del minore.
Nell’art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo si rinviene il principio del superiore interesse del minore cui il sistema giudiziario deve sempre far riferimento: “In tutti i giudizi riguardanti i bambini, siano esse intraprese da istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, tribunali, autorità amministrative o organi legislativi, l’interesse superiore del bambino dovrà la considerazione primaria.”.
L’obiettivo di tale disposizione è quella di porre al centro di qualsivoglia conflitto che coinvolga un minore, la rieducazione ed il reinserimento sociale dello stesso, dando priorità all’applicazione di misure alternative alla detenzione, od ancora, alla mediazione.
L’applicazione nazionale
Sebbene a livello nazionale non sia ancora presente una norma che disciplina la mediazione o la giustizia riparativa in ambito minorile, una recente disposizione sull’ordinamento penitenziario, in riferimento alla fase esecutiva, d.l. n. 121/2018, all’art. 1 stabilisce che: “L’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato. Tende altresì a favorire la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale e prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero.”.
L’applicazione pratica trova quotidianamente spazio attraverso l’istituto della sospensione del processo penale, per la valutazione della personalità del minorenne, all’esito di un percorso di messa alla prova, con cui l’imputato viene affidato ai servizi minorile dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno.
Art. 28 d.P.R. n. 448/1988
La disciplina di riferimento è l’art. 28 d.P.R. n. 448/1988 che prevede altresì la possibilità di concedere l’accesso a tale percorso senza limitazioni oggettive, anche per gravi reati. L’art. 9 della medesima disposizione prevede un processo informativo e valutativo della personalità del minore imputato, che sia affidato al servizio sociale minorile, quale percorso di giustizia riparativa, come ulteriore elemento di valutazione, stabilendo che: “il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne, al fine di accertarne l’imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché accertarne l’imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili”.
Quando la mediazione sia stata incardinata su tali presupposti, all’esito positivo della stessa, ex art. 27 il giudice ha la possibilità di emettere una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto laddove l’ulteriore corso del procedimento pregiudichi le esigenze educative del minorenne. Il successivo art. 29 d’altro canto prevede che in caso di mediazione incardinata o comunque collegata ad un percorso di messa alla prova, questa potrà in ogni caso influire sulla valutazione positiva della prova ai fini dell’estinzione del reato.
Meritevole di menzione infine è la modalità ulteriore di ingresso alla giustizia riparativa per i minorenni, laddove gli stessi, dopo aver commesso un reato, non abbiano superato l’età dei quattordici anni di età e dunque non siano penalmente imputabili.
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- Posted by Sara Singh
- On 28 Giugno 2024