Il principio di maggioranza prevale su quello della parità di genere
Il principio di maggioranza proprio della democrazia rappresentativa prevale su quello della parità di genere nella assegnazione delle cariche politiche.
Con la pronuncia 173/2022 il Collegio Amministrativo Barese ha ritenuto legittimo l’operato del primo cittadino che, insediatosi, formava una giunta composta da soli uomini in ragione della manifestata indisponibilità ad assumere la carica delle donne appartenenti alla maggioranza.
Gli esponenti della minoranza impugnavano i decreti di nomina e la delibera comunale chiedendone l’annullamento, previa sospensiva dell’efficacia, per violazione del principio della parità di genere ex articoli 6 e 46 del Testo Unico degli Enti Locali e 51 della Costituzione, in quanto ritenevano comunque necessaria la presenza femminile tra gli assessori.
I Giudici della prima sezione del TAR per la Puglia di Bari rigettavano il ricorso, in quanto assumevano prevalente il principio democratico della maggioranza nell’assegnazione fiduciaria degli incarichi politici su quello della parità di genere e compensavano le spese processuali fra le parti in causa.
La scelta del Sindaco è stata impugnata dalla minoranza poichè, nonostante l’esito delle consultazioni, a loro avviso la scelta operata è violativa del principio delle pari opportunità nell’accesso agli uffici pubblici, sancito in primo luogo dall’articolo 51 della Costituzione e più volte ribadito dal Testo Unico degli Enti Locali 267/2000, come modificato dalla Legge 23 novembre 2012 n. 215.
Stabilisce la nostra Carta Costituzionale all’art. 51 che “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”. Ne consegue che qualunque distinzione di genere porta a scelte assolutamente discriminatorie, laddove non adeguatamente supportata.
Con Legge di modifica del 30 marzo 2003 n. 1, si è modificato il primo comma dell’articolo 51 che, nella nuova formulazione, prevede che lo Stato promuove la parità di genere mediante l’adozione di appositi provvedimenti. La modifica della norma costituzionale è stata sin da subito letta con favore, tanto che il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria di Perugia, con la sentenza 242/2012, ha rimarcato la scelta di dare rilevanza al genere nella formazione degli organi collegali, ritenendo necessaria la presenza maschile e femminile.
Non sempre però è stata ritenuta la natura precettiva della norma: taluni Giudici l’hanno letta come dimostrazione della “buona volontà legislativa” (TAR per la Puglia di Lecce n. 935/2021).
In precedenza, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia di Bari affermava invece la valenza precettiva e non meramente programmatica del nuovo articolo 51, primo comma della Costituzione ( TAR Bari 2012, n. 2200).
In realtà, il legislatore si è dimostrato lungimirante e, soprattutto negli ultimi anni, ha dato notevole impulso alla promozione ed implementazione del principio della parità di genere, in primis con la Legge Golfo Mosca del 2011ed il conseguente DPR 251/12, ma anche con la Legge di Bilancio del 2020, e quindi con la Legge numero 162/21. Per restare nel tema trattato con la riforma del Decreto Legislativo del 18 agosto 2000 n. 267, il c.d. “Testo Unico degli Enti Locali”. La Legge 23 novembre 2012 n. 215 ha inciso su diverse norme in esso contenute, recava infatti “Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni”.
In particolare, l’articolo 6 TUEL, co. III prevede che “gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti”.
L’articolo 46 co. II, ancora meglio attagliato al caso di specie, prevede che “Il sindaco e il presidente della provincia nominano, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi, i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione”.
Di qui l’impugnazione dei decreti di nomina dei ricorrenti che assumevano appunto violate le norme citate.
La discrezionalità del Sindaco appare trovare un limite ai poteri di nomina degli assessori comunali che dal dettato della norma possono individuarsi nel principio delle pari opportunità costituzionalmente garantito.
Questo limite non appare essere condiviso dai Giudici amministrativi che già nella pronuncia del TAR leccese con sentenza n. 13/2020 apparivano alquanto orientati quando sottolineavano che “la scelta da parte del sindaco dei componenti della giunta è un atto di matrice politica, di natura strettamente fiduciaria, che non può ricadere su un soggetto qualunque, solo per una questione attinente al genere”. Il T.A.R. per l’Umbria di Perugia con la sentenza 10/2020, con una posizione più mitigata assumeva però che l’impossibilità di garantire la parità di genere nella formazione della giunta deve essere dimostrata attraverso un’adeguata istruttoria ed una precisa motivazione del provvedimento sindacale di nomina, che evidenzi le ragioni del mancato rispetto del principio delle pari opportunità.
Effettivamente nel ricorso proposto dinanzi al Collegio e relativo al caso che ci occupa, veniva riconosciuta l’attività di consultazione del Sindaco prodromica alle nomine e volta ad individuare assessori donna, ricerche purtuttavia prive di esito per mancata disponibilità delle donne appartenenti alla colazione di maggioranza.
Per tale ragione i giudici della Sezione interpellata TAR di Bari assumevano che“il principio di parità di genere va, comunque, ritenuto recessivo rispetto a quello di attribuzione fiduciaria delle cariche di giunta che, per la loro natura politica, sono naturalmente soggette al criterio dell’assegnazione agli appartenenti allo schieramento politico di maggioranza, solo in tal modo garantendosi la corretta gestione ed amministrazione dell’Ente e la sua effettiva governabilità”.
Probabilmente per una volta il legislatore è stato più moderno della coscienza collettiva.
Amalia Sprovieri
- Posted by Amalia Sprovieri
- On 14 Ottobre 2022