Il diritto di visita dei nonni
Il problema che ci si pone è se esista o meno una norma che tuteli il diritto non già dei nipoti ad intrattenere rapporti duraturi con i propri ascendenti, ma bensì un autonomo diritto dei nonni azionabile ogni qualvolta uno dei genitori o entrambe ponga in essere condotte lesive di tale diritto.
LEGGE DELEGA N. 2019 DEL 2012
Sul piano normativo preme rilevare che la Legge delega n. 2019 del 2012 ed il conseguente d.lgs n. 154/2013 hanno modificato la disciplina giuridica della filiazione ed in generale del diritto di famiglia.
La nuova normativa ha inciso altresì sul rapporto nonni-nipoti modificando alcuni articoli del codice civile che dettano la disciplina inerente ai rapporti con gli ascendenti. Più specificatamente, il d.lgs. n. 154/2013 ha introdotto l’art. 317 bis. c.c., rubricato “rapporti con gli ascendenti” il quale nella sua attuale formulazione testualmente recita:
“ I. Gli ascendenti hanno un diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
II. Gli ascendenti ai quali è impedito l’esercizio di tale diritto possono ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinchè siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore.
Si applica l’art. 336 secondo comma.”.Dalla scelta del legislatore di collocare tale disposto normativo all’interno del Capo I del Titolo IX del codice civile, a seguito delle norme in tema di responsabilità genitoriale dedicate, in particolare, all’educazione ed alla crescita del minore si evince la ratio stessa della norma, ovvero quella di attribuire al rapporto nonni-nipoti valenza fondamentale per la crescita del minore, prevedendone un limite solo laddove suddetto rapporto sia in contrasto con il preminente interesse di quest’ultimo. Sul tema è intervenuta un’importante sentenza della Cassazione la n. 725 del 19 gennaio 2015 con la quale la Suprema Corte nel rigettare il ricorso della nonna materna che chiedeva il ricongiungimento con la nipote, ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito fondata sull’effetto altamente negativo per gli interessi della minore del mantenimento del rapporto di frequentazione con la ricorrente.
REGOLAMENTO BRUXELLES II BIS
Ancora, occorre sottolineare che l’art 317 bis c.c. si inserisce in un più ampio orientamento di derivazione comunitaria prodromico e antecedente rispetto alla riforma testè evocata. In particolare, il Regolamento comunitario n. 2201/2003 noto come Regolamento Bruxelles II bis ha riconosciuto un autonomo diritto di visita non solo ai genitori nei confronti dei figli minorenni, ma altresì ai nonni nei confronti dei nipoti.
L’art.2 del sopracitato regolamento infatti nel disciplinare il diritto di visita nulla specifica in ordine all’ambito soggettivo di applicazione del predetto precetto,il quale si ritiene perfettamente applicabile anche nei confronti dei nonni. Ciò oltretutto è coerente con i documenti di lavoro preparatori al regolamento nei quali si legge scritto che: “i minori hanno diritto ad intrattenere relazioni personali non solo con i genitori ma anche con i nonni”.
Sulla stessa linea interpretativa si è collocata altresì la Corte Europea dei diritti dell’uomo la quale in una recente pronuncia ha affermato che le autorità interne, come ad esempio i servizi sociali, hanno il dovere di predisporre tutte le misure idonee atte a tutelare il benessere del minore, ivi incluso il dovere di garantire un rapporto stabile e duraturo con gli ascendenti, rientrando suddetto rapporto tra i legami familiari tutelati dalla Carta europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, gli Stati incorrono in una violazione dell’art. 8 della CEDU, sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, tutte le volte in cui non abbiano adottato tutte le misure che si possano ragionevolmente esigere per tutelare il legame familiare tra nonni e nipoti nel caso di separazione legale fra i genitori.
L’evoluzione giurisprudenziale sul tema ha pertanto consentito di erigere la posizione dei nonni nei rapporti con i discendenti, in un primo momento inquadrata nell’area dell’interesse legittimo, a quella di diritto soggettivo. A seguito della riforma la posizione giuridica soggettiva goduta dagli ascendenti si è innalzata a diritto soggettivo, sebbene in ogni caso il diritto di visita dei nonni consacrato dall’art 317 bis c.c., deve intendersi come funzionale all’esclusivo perseguimento dell’interesse del minore. In forza di tale ultimo assunto la dottrina prevalente e la prassi giurisprudenziale ritengono che la norma prevede implicitamente un possibile effetto di degradamento o compressione del diritto di visita degli ascendenti in ragione del profilo funzionale del contemperamento con l’interesse del minore, e pertanto ove sia riscontri un conflitto con l’interesse relazionale del minore il diniego della tutela degrada la posizione soggettiva di diritto ex art. 317-bis c.c. ad interesse.
Superata la questione inerente al diritto sostanziale e accertata l’esistenza di una norma che tutela in modo autonomo il diritto dei nonni ad intrattenere rapporti duraturi e continuativi con i propri nipoti minori quando tale rapporto si traduca in un beneficio nei confronti dei minori stessi, si pone il problema di comprendere, sul piano processuale, quale sia l’azione esperibile al fine di far valere il diritto testè menzionato.
Primariamente, preme rilevare in ordine alla questione inerente alla competenza, che questa è stata attribuita dall’ art. 38 disp. att. cod. civ. al Tribunale per i Minorenni. Con la disposizione si è voluto sottolineare il carattere autonomo della tutela del diritto di visita dei nonni dalla gestione processuale della crisi familiare. Sul piano della tutela, l’azione esperibile è quella di cui agli artt. 330 e 336 c.c., che rispettivamente sanciscono che:
“Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’articolo 330 c.c., ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore”; e che “I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.
Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero; dispone, inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d’ufficio, provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio(…)”.
In sostanza, la condotta del genitore volta ad ostacolare ogni forma di rapporto e/o di comunicazione tra i propri figli e gli ascendenti, rientra tra quelle le quali sebbene non siano tali giustificare la pronuncia di decadenza dalla potestà genitoriale di cui all’art 330 c.c., tuttavia si traducono ugualmente in una condotta fortemente pregiudizievole per l’interesse del minore ed in forza della quale il giudice su ricorso presentato dalla persona interessata può adottare tutti i provvedimenti che ritiene opportuni.
Stefania Mara Desantis
- Posted by Stefania De Santis
- On 25 Giugno 2020