Il diritto all’immagine e la sua tutela
In un mondo dove internet e i social network permettono un reperimento e un utilizzo sempre più rapido e semplice delle immagini è lecito chiedersi: come è possibile tutelarsi se qualcuno diffonde in rete nostre foto o video?
Il diritto all’immagine permette a chiunque di impedire la pubblicazione o lo sfruttamento della propria immagine o del proprio ritratto e di qualsiasi altro segno distintivo idoneo e diretto a rappresentare la propria fisionomia, senza il proprio consenso.
Il diritto all’immagine deve essere considerato tra i diritti inviolabili dell’individuo tutelati dalla nostra Costituzione e rientra nell’insieme della tutela della privacy, rappresentando una chiara espressione della sfera intima e personale di ogni individuo, di cui il nostro ordinamento si impegna a salvaguardarne la riservatezza.
Il principio del consenso
Utilizzare o realizzare un’immagine o un video, nei quali vengono raffigurate una o più persone, comporta anche preoccuparsi degli effetti dello sfruttamento dei diritti di tali soggetti, per i quali è consigliabile, se non necessario, acquisirne il consenso.
Tale argomento risulta di particolare interesse per tutti i professionisti dello spettacolo, della moda e della comunicazione, per i quali l’utilizzo della propria immagine rappresenta il fulcro del proprio operato.
È prassi purtroppo consolidata, infatti, quella di coloro che travestendo la propria attività commerciale dietro una maschera di diritto all’informazione e di cronaca, hanno sfruttato il diritto all’immagine altrui ponendosi in pieno contrasto con la normativa di riferimento.
Le deroghe
Nel nostro ordinamento è l’art. 96, I comma della L.d.A. ad esprimere il c.d. principio del consenso, che può essere fornito espressamente o implicitamente, senza vincoli di forma: “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente”.
Dal dettato normativo dell’art. 96 L.d.A. emerge chiaramente l’esistenza di particolari deroghe previste dalla legge e in particolare dall’art. 97 I comma della stessa L.d.A., tramite le quali è possibile riprodurre l’immagine di una persona anche senza ottenere il fondamentale requisito del consenso:
“Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.”.
Le pubblicazioni comunque vietate ex artt. 97, II comma L.d.A. e 10 c.c
Tuttavia, lo stesso art. 97 L.d.A. al II comma dice anche che:
“Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata.”.
Oltre ad essere enunciato dall’articolo precedente, tale principio limitativo è espresso anche dall’art. 10 c.c.: “Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni”.
Esistono, quindi, dei limiti alle deroghe espresse dall’art. 97 I comma L.d.A., espressi dal fatto che qualora si dimostri che la divulgazione dell’immagine possa recare pregiudizio all’onore, alla reputazione e al decoro della persona ritratta, la pubblicazione dell’immagine rimane comunque vietata.
Limiti del consenso
È importante evidenziare che esistono anche due importanti generi di limiti entro i quali il consenso deve essere prestato:
- oggettivi, in riferimento alle circostanze di tempo, luogo e di finalità per cui il consenso è espresso
- soggettivi, con esclusivo riferimento al soggetto in favore del quale il consenso è stato fornito.
Ciò significa che se anche in un primo momento il consenso era stato rilasciato e, quindi, la pubblicazione dell’immagine autorizzata, è sempre possibile, anche in un secondo momento, revocare il consenso e opporsi alla divulgazione della stessa.
Rimedi giudiziali
In base a quanto detto, quindi, al fine di esperire una tutela adeguata in caso di lesione del diritto all’immagine, è possibile che risulti necessario rivolgersi all’autorità giudiziaria competente. Spetta al giudice, infatti, valutare se dall’utilizzo dell’immagine possa derivare un reale pregiudizio in merito al decoro e alla reputazione della persona.
In tal caso, è possibile ottenere diversi rimedi giuridici, tra i quali possono essere menzionati gli strumenti di tutela preventivi. Nell’attesa, infatti, che la tutela si concretizzi per mezzo della sentenza di condanna che ordina la cessazione del fatto lesivo, è possibile richiedere l’esperimento di strumenti volti a tutelare nell’immediatezza il diritto oggetto della controversia da un pericolo concreto e attuale, come il sequestro e l’azione inibitoria.
Il primo è volto a richiedere una tutela provvisoria e immediata di un diritto, che viene quindi temporaneamente garantito e assicurato. La seconda, invece, è diretta a impedire, a far cessare e ad evitare il ripetersi del comportamento lesivo del diritto, richiedendo anche il risarcimento del danno.
Tramite quest’ultima, infatti, qualora qualcuno abbia utilizzato un’immagine altrui fuori dai casi consentiti dalla legge, il soggetto interessato potrà ottenere oltre alla cessazione immediata dell’utilizzo dell’immagine (garantita ad esempio dalla consegna di tutte le copie delle foto o video), anche il risarcimento del danno derivante da tale uso improprio.
Infine, alla morte dell’interessato anche il coniuge, i figli o in mancanza di questi, i genitori possono prestare il consenso ai fini dello sfruttamento d’immagine, così come possono agire in giudizio al fine di tutelarlo. In caso di uso improprio, infatti, questi potranno richiedere e ottenere dal giudice un ordine inibitorio di cessazione dell’abuso, oltre che il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
- Posted by MepLaw
- On 19 Marzo 2021