Google Shopping e l’Antitrust Europea
L’ ACCUSA DELL’ANTITRUST EU CONTRO GOOGLE SHOPPING
Come già aggiornato nell’ Articolo precedente vi è da rilevare cosa la Commissione Europea affermava nell’accusa mossa nei confronti del Gigante G.
L’accusa contro Google Shopping, infatti, è quella da cui ha avuto origine l’indagine nel 2010 già intrapresa da Joaquín Almunia.
Nel tempo sono state coinvolte a più riprese varie società aziende e leader nel settore, che agiscono in competizione con Google, ascoltando obiezioni, pareri, informative e facendo tesoro delle controdeduzioni del noto motore di ricerca.
Ad Aprile 2016, quindi, ormai a distanza di circa 6 anni dall’origine dell’indagine, la Commissione Europea si è sentita di formulare la propria accusa contestando a questo punto il modo in cui “Google Shopping viene integrato all’interno del motore di ricerca “imponendo” tale scelta ai danni di altri servizi di comparazione”.
Secondo l’antitrust comunitaria, “Google avrebbe sistematicamente favorito Google Shopping” rispetto alle offerte concorrenti, il tutto con un diretto vantaggio nei confronti di un proprio stesso prodotto.
Va precisato, infatti, come la posizione dominante in un mercato non sia mai contestabile in sé, mentre ad essere potenzialmente contestati sono gli abusi finalizzati ad estendere il proprio dominio da un settore ad un altro secondo una logica di vasi comunicanti che le regole per la libera concorrenza non possono tollerare. Secondo la Commissione Europea, il Gigante G
«può artificialmente deviare il traffico da servizi di acquisto comparativo concorrenti e impedire loro di competere sul mercato. La Commissione teme che gli utenti non riescano sempre a vedere i risultati più rilevanti delle loro ricerche: questo danneggia i consumatori e limita l’innovazione. A titolo preliminare, la Commissione ritiene che Google debba accordare lo stesso trattamento ai propri servizi di acquisto comparativo e a quelli dei concorrenti».
Quanto in accusa verterebbe sul fatto che Google Shopping possa occupare una posizione preminente tra i risultati del motore a prescindere dal merito: semplicemente il comparatore proprietario è stato posizionato laddove l’utente lo considera una soluzione di favore e così facendo ne ha in qualche modo imposto l’utilizzo ai danni di altre soluzioni del comparto.
Secondo l’accusa, infatti, Google Shopping sarebbe stato sistematicamente favorito e la pratica che porta Google a formulare risultati considerati preminenti (pur nell’interesse dell’utente) non sarebbe sufficiente per motivare una scelta esclusiva ai danni della concorrenza.
Siccome le precedenti proposte di accordo formulate da Google non sono state giudicate utili allo scopo (soprattutto in virtù delle contestazioni portate avanti dai concorrenti tirati in ballo con audizioni private), a metà Aprile l’accusa è stata formulata a titolo ufficiale lasciando però all’azienda di Mountain View 10 settimane per formulare le proprie controdeduzioni, da presentare quindi alla Commissione in sede di audizione formale.
Sin da subito, in ogni caso, l’azienda californiana, risponde in via ufficiosa mediante i propri sistemi di comunicazione e tramite il proprio blog, a firma di AMIT SINGHAL, vice presidente di Google Search, dando immediatamente la propria realistica percezione della realtà in merito alle accuse a questa mosse.
Amit da subito riaffrontando il case history dei risultati sui voli aerei ( problematica già affrontata e superata nel 2010, momento storico in cui il Gigante B era accusato di aver minato traffico ai siti degli operatori di linea ) precisa formalmente che:
“Mentre Google può certamente essere il motore di ricerca più usato, le persone possono trovare e accedere a informazioni in molti modi diversi. In realtà, le persone hanno più scelta che mai”Esistono numerosi altri motori di ricerca come Bing, Yahoo, Quora, DuckDuckGo e una nuova ondata di assistenti come Siri di Apple e Cortana di Microsoft.In aggiunta, ci sono un sacco di servizi specializzati come Amazon, Idealo, Le Guide, Expedia o eBay. A volte sono i servizi di shopping più popolari.Le persone utilizzano sempre di più i social come Facebook, Pinterest e Twitter per trovare raccomandazioni, come ad esempio dove mangiare, quali film da guardare o come decorare le loro case.Quando si tratta di notizie, gli utenti spesso vanno direttamente ai loro siti preferiti. Ad esempio, Bild e il Guardian arrivano fino all’85% del loro traffico direttamente, e meno del 10% proviene da Google”
Parimenti l’azienda prosegue con una comunicazione interna destinata ai dipendenti
“Non si tratta di una decisione finale: è un documento in cui il personale della Commissione mette insieme le sue accuse in modo che l’azienda coinvolta abbia la possibilità di rispondere. Aspettatevi critiche dure, ma ricordate: si tratta anche di un’opportunità per Google per raccontare la sua versione della storia. Il processo di esame può richiedere diverso tempo (anche un paio di anni) e in alcuni casi ha portato la Commissione a modificare le sue accuse o a risolvere il contenzioso. Se le due parti non riescono a trovare un accordo, la Commissione ufficializza la violazione, che può poi essere appellata presso la Corte europea”
E nuovamente:
“Sappiamo che questi annunci della Commissione saranno una distrazione. Ma ci potete dare una mano in due modi: primo, non rilasciando commenti in giro su questioni legali sospese come questa; secondo, concentrandovi sul vostro lavoro per farlo al meglio, per costruire ottimi prodotti che servano al meglio i nostri utenti.”
Il lavoro che il Gigante G dovrà compiere non sarà quindi di poco conto, ma, in ogni caso, procedimenti come questi riscriveranno i rapporti tra Europa ed Oltre Oceano e ci sarà dato seguirli per ottimizzare l’evoluzione normativa e la “giurisprudenza Europea” che, per casi come questi, non potrà che rilasciare un importante feedback per i successivi problemi che potranno generarsi in futuro nel merito.
Fabio Maggesi
- Posted by MepLaw
- On 24 Giugno 2016