ASSEMBLEE VIRTUALI O ASSEMBLEE FANTASMA?
“La partecipazione degli azionisti è una condizione fondamentale per un efficace governo societario”.
Così veniva introdotta la relazione della “Proposta di direttiva (n. 36/2007) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all’esercizio dei diritti di voto da parte degli azionisti. Si tratta di un provvedimento ambizioso dell’UE che si prefiggeva, tra le altre cose, di facilitare ed incoraggiare la partecipazione al voto e nelle assemblee degli azionisti retail, suggerendo l’utilizzo di mezzi informatici e della tecnologia, per abbattere le barriere temporali e spaziali, in luogo di altri strumenti quali il voto delegato considerato espressamente complesso.
Ebbene a distanza di anni, considerati perdipiù i continui sviluppi tecnologici, possiamo dire che i protagonisti del settore hanno perso la loro sfida, non riuscendo ad introdurre contromisure adeguate a combattere l’apatia razionale degli investitori, quelli più piccoli, sempre più in balia di una volatilità che incrementa una maggior attenzione sull’exit piuttosto che sulla voice.
L’argomento in questi giorni è più che attuale alla luce delle convocazioni assembleari per l’approvazione del bilancio e dell’emergenza sanitaria nazionale dovuta al Covid-19, risultando più che necessarie misure di coinvolgimento diretto in seno alle assise societarie.
In questa direzione si muove il DL n. 18 del 17 marzo 2020, sui provvedimenti economici rivolti ad affrontare la crisi delle attività per la paralisi da Coronavirus, che ha disposto all’art. 106 misure per lo svolgimento delle assemblee di società.
Si tratta di misure che prevedono una maggiore flessibilità ed applicabili alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro l’eventuale data successiva in cui verrà meno il noto stato di emergenza sanitaria.
Innanzitutto il Governo, in deroga alle disposizioni statutarie e di default degli artt. 2364 e 2478bis del c.c., ha prorogato a 180 giorni (in luogo di 120) dalla chiusura dell’esercizio la convocazione dell’assemblea ordinaria di bilancio.
Dipoi, le società potranno affrontare, rigorosamente a “porte chiuse” per evitare il raggruppamento fisico dei soci in ottemperanza al DPCM 9 marzo 2020 sul divieto di assembramento, la stagione delle assemblee di bilancio attraverso strumenti quali il voto per corrispondenza, il voto elettronico, le dirette streaming ovvero qualsiasi mezzo di telecomunicazione.
Come chiarito dalla massima del Consiglio Notarile di Milano n. 187 dell’11 marzo 2020, persino il Presidente potrà astenersi dal presentarsi fisicamente nel luogo indicato per la riunione ed in cui invece dovrà trovarsi il segretario verbalizzante ovvero il notaio.
Insomma apparirebbero sussistere tutti gli ingredienti per assistere, causa di forza maggiore, ad una stagione di assemblee virtuali ma probabilmente tutti i buoni propositi andranno dissolti.
A ben vedere l’assetto normativo già da tempo favorisce ad amplio respiro una partecipazione diretta a distanza.
Già la citata Direttiva 36/2007 disponeva in merito all’esercizio del diritti di voto e di partecipazione senza intervenire fisicamente all’assemblea, incoraggiando l’utilizzo dei mezzi elettronici.
L’intero quadro normativo, anche nazionale e persino a livello regolamentare (artt. da 140 a 143ter del Regolamento emittenti), risulta dalla maglia larga sul ricorso a strumenti informatici e alternativi alla presenza fisica, richiedendo fondamentalmente alcune garanzie quali l’identificazione dei partecipanti.
Eppure già dai primi avvisi di convocazione, al netto di quelli revocati, come nel caso della Campari Group, si riscontra il ricorso ad antiquati mezzi quali la delega ed il rappresentante designato che di certo non prevedono un coinvolgimento né diretto né simultaneo.
A tal proposito, se non fossimo abituati all’assenza di incentivi al coinvolgimento, sembrerebbe quasi strumentale la scelta protoliberista del laissez faire-laissez passer la “orange passion” di Campari. Per carità, ci siamo abituati a vedere i capitali emigrare in Olanda ma tale scelta si palesa audace in un momento storico in cui uno Stato dalla grandezza di un tappo (per rimanere in tema) minacci con il veto di bloccare soluzioni alternative di contrasto all’attuale emergenza sanitaria, sfoggiando numeri non allarmanti e politiche di rigore per bocca di un premier che forse avrebbe fatto meglio a continuare a coltivare la sua passione per il pianoforte.
Insomma, con tutta probabilità lo scenario appare già scritto: assemblee fantasma per le società quotate ed una risposta più pratica ed interattiva della piccola-media impresa, le s.r.l., il vero motore della nostra economia, libere di utilizzare gli istituti della consultazione scritta e del consenso espresso per iscritto in deroga alle limitazioni previste per questi strumenti dall’art. 2479 c.c. o alle eventuali limitazioni statutarie.
Alfonso Massimo Cimò
- Posted by Alfonso Massimo Cimò
- On 1 Aprile 2020