Diffamazione: solo se la vittima è identificabile
La Cassazione parla chiaro: la persona offesa deve essere individuata o individuabile
La Suprema Corte di Cassazione, con la recente pronuncia del 26 novembre 2019, torna sul tema della diffamazione di cui all’art. 595 c.p., ribadendo, in piena continuità con i precedenti arresti, un importante principio di diritto: il delitto di diffamazione è configurabile solamente in ipotesi di un’offesa alla reputazione di una persona ben determinata e, per l’effetto, non può, quindi ritenersi sussistente nel caso in cui vengano pronunciate oppure scritte espressioni offensive riferite a soggetti non individuati, né individuabili (Sez. 5, n. 3809 del 28/11/2017 – dep. 2018, P.O. in proc. Ranieri, Rv. 272320, N. 51096 del 2014 Rv. 261422, N. 24065 del 2016 Rv. 266861), ovvero a categorie di persone, seppur limitate (Sez. 5, n. 29046 del 22/07/2019, Borghezio; Sez. 5, n. 24065 del 23/02/2016, P.O. in proc. Toscani, Rv. 266861 N. 10307 del 1993, N. 51096 del 2014 Rv. 261422).
I fatti al vaglio degli Ermellini, riguardano la pubblicazione, sul sito (OMISSIS) e nel forum “(OMISSIS)”, di un commento, reso a margine dell’analisi degli assetti della maggioranza comunale, del seguente tenore “…tre consiglieri di maggioranza se ne sono andati, un altro ha pestato i piedi affinchè potesse ottenere una carica di prestigio ed un altro ancora è stato, come si fa nel fantacalcio, acquistato dalla minoranza a suon di milioni”.
Precisa la Suprema Corte che, qualora trattasi di propalazione nei confronti di persone innominate, la valutazione di determinabilità soggettiva, non può risolversi in riferimento alla considerazione soggettiva di taluno, che si riconosca come destinatario dell’offesa, in virtù di un’immedesimazione fondata meramente su collegamenti fattuali che non rispondono ad un’oggettiva cifra di riconoscibilità.
In altre parole, in punto di concreta offensività del delitto in parola, è necessaria l’univoca riconducibilità dei fatti ad una persona determinata, oggettivamente riconoscibile nella sua identità, da parte di un numero indistinto di persone, alle quali l’informazione è diretta oppure è accessibile, alla stregua di una valutazione dei fatti e delle dichiarazioni svolta con giudizio ex ante ed in concreto, alla luce delle circostanze di contesto già notorie nell’ambiente di riferimento ed attraverso le quali è possibile, con elevato grado di certezza, l’inequivoca identificazione del destinatario in riferimento al contesto in cui si inserisce.
Tuttavia, il principio appena sopra richiamato, non è affatto nuovo per la Cassazione, che, nella sua più autorevole composizione, (Cass. civ., Sezioni Unite, 13/6/2019, n. 15897), si riferisce, anche con riguardo ad espressioni “in incertam personam“, rese in occasione di interventi a forum di discussione su un blog internet (Sez. Un. Civ. n. 6965 del 17/03/2017, F. contro R., Rv. 643285), mettendo in risalto l’ impossibilità di ricondurre tali espressioni al reato di diffamazione in ragione dell’inesistenza di un destinatario identificato o identificabile, quando a siffatta identificazione non si pervenga attraverso tutti gli elementi della fattispecie concreta (quali a titolo meramente esemplificativo le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali e simili), desumibili anche da fonti informative di pubblico dominio al momento della diffusione della notizia offensiva, diverse da quella della cui illeicità si tratta, se la situazione di fatto sia tale da consentire al pubblico di riconoscere con ragionevole certezza la persona cui la notizia è riferita (Sez. 3 Civ. n. 17207 del 27/08/2015 S. contro D., Rv. 636845).
Alla luce delle considerazioni di cui sopra, nel caso in commento, la sentenza di condanna veniva annullata, senza rinvio, con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Valeria Picaro
- Posted by Valeria Picaro
- On 31 Marzo 2020