GLI ITALIANI, QUESTI SCONOSCIUTI !
I dati statistici della stagione calcistica 2018/19 rispecchiano la fotografia desolante di uno status quo nel quale ogni società di calcio di serie A, ormai, non può più fare a meno di appartenere
Da un’attenta analisi e da verifica effettuata su canali professionali di chiara attendibilità (sito www calciatore on line – “ lista giocatori…” ), i calciatori tesserati dalle nostre società calcistiche iscritte nella massima divisione di serie A nella stagione sportiva 2018/2019 risultano essere prettamente di nazionalità estera, lasciando uno spazio molto limitato a quelli di nazionalità italiana.
Si pensi che su 17 squadre prese in considerazione ( Juventus, Milan, Inter, Napoli, Roma, Lazio, Fiorentina, Atalanta, Spal, Bologna, Genoa, Sampdoria, Cagliari, Parma, Sassuolo, Torino, Udinese,) e precisamente su 462 tesserati utilizzati/anti in partite di serie A, risultano italiani soltanto 173, con una percentuale del 37,4%.
Laddove è vero che l’effetto “ Bosman “ha mutato notevolmente il criterio con il quale si è definito paritario un giocatore proveniente dall’Unione europea a quello italiano, si è aggiunto il numero di giocatori extracomunitari che annualmente la FIGC ammette al nostro campionato. Vero é, di conseguenza, che tale normativa ha di fatto penalizzato notevolmente l’atleta italiano.
Tutte le società professionistiche ( in maggior misura quelle di serie A ) hanno ritenuto mediaticamente più conveniente e con inevitabile maggiore ritorno economico, tesserare stranieri con nomi di altisonante impatto psicologico sui media, piuttosto che un anonimo e quasi sconosciuto calciatore italiano. Tale scelta, tuttavia e ci induce a ripetere, è stata dettata esclusivamente da pura strategia di mercato economico e non ha minimamente tenuto in debita considerazione l’inevitabile impatto negativo che tale comportamento ha trasmesso a tutto il settore professionistico nazionale.
In primo luogo, infatti, si è constatata una costante e crescente difficoltà da parte del CT della nostra nazionale nella scelta tra giocatori con passaporto italiano idonei a rappresentare la nostra Nazione nelle competizioni internazionali ( ciononostante i risultati sembrano smentire tale tendenza).
In secondo luogo, tale scelta di mercato ha determinato un naturale abbassamento qualitativo sotto gli aspetti tecnico-atletici. E’ inevitabilmente riscontrato che i tesserati di nazionalità italiana, pur potenzialmente superiori ai rispettivi calciatori stranieri sia sotto l’aspetto tecnico, sia atletico, non trovano i necessari spazi nella massima categoria e restano quasi sempre legati ad una militanza in società di minore categoria e spesso hanno, quale unica alternativa,quella di dover lasciare la nostra Nazione per espatriare in Paesi il cui campionato risulta chiaramente di mediocre validità tecnica. Tali scelte, risulta pacificamente provato, comportano una inevitabile mancanza di crescita qualitativa e competitiva ( esclusi esigui casi di espatrio per altissime qualità professionali ).
La stessa FIGC è palesemente contraddicente con i propri dettami normativi. Da un lato si erge a “paladina” della necessità di incrementare, valorizzare e supportare la crescita dei vivai giovanili ( esaustivo in materia ed a conforto di tale assunto é l’articolo 27 comma 5 bis del Decreto Legislativo n. 286 del 1998 in materia di flussi d’ingresso e di limitazione al tesseramento di sportivi extracomunitari finalizzato, appunto, ad assicurare la tutela dei vivai giovanili in qualunque disciplina sportiva, nazionali e/o appartenenti alla UE ), dall’altro non attiva concretamente alcuna azione atta ad invertire la sopra riportata costante tendenza di mercato. Si attiene rigorosamente ( così afferma ) alle disposizioni europee ed internazionali divenendo, di fatto, connivente con i reali dettami imprenditoriali che regolano il mercato dei giocatori sportivi. La stessa, inoltre ed ancora, laddove riconosce perfettamente il notevole spessore tecnico ed atletico dei nostri calciatori che nulla hanno ad invidiare ad atleti stranieri ( presentati come “ campioni “), non intende applicare alcuna normativa vigente né, tantomeno, emetterne nuove tendenti a contrastare tale sconcertante fenomeno migratorio.
Tale disciplina sportiva, quindi, nata con il nome di “gioco del calcio”, oggi non ha più niente a che vedere con il termine “gioco”, ma risulta esclusivamente attività professionale come tante, ad esclusivo servizio di imprenditori internazionali ed il business, ormai, è anteposto alla effettiva capacità atletico/ tecnica richiesta … e quella parola “ gioco “ nella sua forma più pura, oggi non trova più la giustificazione ad esistere.
- Posted by Luigi Maggesi
- On 9 Novembre 2019