L’ILLECITO ENDOFAMILIARE IN MATRIMONI E FAMIGLIE DI FATTO
Il tema della responsabilità civile in ambito familiare, da tempo, ampiamente discusso in dottrina e giurisprudenza, ha fatto sorgere dubbi circa la possibilità di affiancare il risarcimento del danno ingiusto ex art 2043 c.c., agli istituti tradizionalmente preposti a difesa della famiglia .
L’opinione prevalente, era restia ad ammettere che nell’ambito dei rapporti tra familiari potesse fare ingresso la responsabilità aquiliana, in quanto l’ordinamento ricollegava alla violazione dei doveri matrimoniali precise e tipizzate conseguenze, precludendo l’ingresso ad altre possibili forme di tutela in favore del componente della famiglia.
Secondo la tradizionale visione “pubblicistica” di famiglia, i familiari godono, in ragione di tale qualità, di un’immunità tale da sottrarli ad ogni responsabilità risarcitoria alternativa, in virtù di tale concezione il “familiare” gode di una tutela settoriale, a livello penalistico, o mediante adozione di provvedimenti disciplinati all’interno del diritto di famiglia, escludendo a priori il rimedio della responsabilità aquiliana.
In epoca ancora recente si ribadiva, sia in giurisprudenza che in dottrina , la sufficienza e l’ esclusività dei rimedi offerti dalla disciplina del diritto di famiglia, incentrando l’attenzione sulla qualifica della vittima in relazione allo status familiae piuttosto che sulla lesione di un interesse della persona in quanto tale.
Secondo un recente orientamento maggioritario, ad avvallare l’applicabilità dell’art. 2043 c.c. ai rapporti tra coniugi, si evidenzia come i rimedi previsti dal diritto di famiglia non siano di fatto adeguati né sufficienti rispetto alle conseguenze negative determinate dall’illecito endofamiliare.
Il problema che si prospetta è quello di valutare quando l’inosservanza dei doveri nascenti dal matrimonio possa dare luogo ad un danno ingiusto che giustifichi l’applicazione della disciplina aquiliana.
L’applicazione dell’art. 2043 c.c. in ambito familiare trova fondamento nella concezione per cui dal matrimonio nascono doveri non sempre rientranti nello schema del diritto soggettivo relativo di carattere patrimoniale e la cui violazione compromette una posizione soggettiva comunque di rilievo costituzionale.
Chiarificatrice e risolutiva in merito appare la la sentenza delle Sezioni Unite n. 500/1999 con la quale viene riconosciuta la risarcibilità degli interessi legittimi , delineando così, anche nei rapporti tra familiari, nuove figure di danno, e respingendo la tradizionale interpretazione dell’art. 2043 c.c. che identificava il danno ingiusto esclusivamente con la lesione di un diritto soggettivo la quale invero va estesa alla lesione dell’interesse legittimo.
Pertanto, nel caso in cui la condotta trasgressiva di un coniuge, determini aggressione ai diritti inviolabili della persona, come, ad esempio, alla salute fisica o psichica, alla sessualità, all’integrità morale, alla dignità, all’onore, alla reputazione, alla privacy, la vittima dell’illecito , potrà chiedere risarcimento ex art
4 2043, l’’illecito endofamiliare, nella nuova concezione dei rapporti familiari, viene infatti risarcito in quanto effetto di una condotta non iure dalla quale scaturisce un danno ingiusto.
In tale ottica, la responsabilità aquiliana, grazie ad un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., sembra essere l’unico strumento atto a garantire la tutela dei diritti fondamentali della persona, senza alcuna limitazione dovuta allo status di membro della famiglia.
In particolare, la domanda di risarcimento del danno che un componente della famiglia ritiene di aver subito ingiustamente a causa del comportamento illecito tenuto da altri familiari, viene più volte avanzata non tanto, ragionevolmente, perché mosso da un desiderio di vendetta quanto perché ci si rende conto di essere stati privati di un bene, di un diritto, di una possibilità di vita diversa, di avere cioè subito un vero e proprio danno morale, più che economico.
Ed è in questo contesto che si inserisce la valutazione dell’eventuale nesso intercorrente tra l’illecito cagionato da condotte o fonti interne alla famiglia e l’applicabilità delle norme dettate in tema di risarcimento del danno ingiusto.
Ovviamente, ai fini della risarcibilità, sarà necessario dimostrare che, il comportamento deve non solo risultare illecito, ossia cagionare un danno ingiusto, ma costituire la fonte della lesione di un interesse , non più soltanto di un diritto soggettivo, meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
Stante l’atipicità che caratterizza l’art. 2043 c.c., non è facile stabilire a priori quali posizioni giuridiche vantate dal soggetto siano suscettibili di tutela.
Spetterà pertanto al giudice il compito di istituire un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto, quello del soggetto che si ritiene danneggiato, da un lato, e quello che si vuole perseguire per mezzo del comportamento lesivo, dall’altro.
La violazione dei diritti fondamentali della persona è configurabile anche all’interno di una unione di fatto, che abbia caratteristiche di serietà e stabilità, avuto riguardo alla irrinunciabilità del nucleo essenziale di tali diritti, riconosciuti, ai sensi dell’art. 2 Cost., in tutte le formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’individuo in tal senso, Cass., sent. n. 4184 del 2012.
Ai sensi dell’art. 2 Cost., la famiglia assume rilievo quale formazione sociale essenziale al pieno sviluppo dell’individuo, il singolo componente familiare diventa pertanto portatore di posizioni giuridiche che devono essere tutelate senza alcun limite.
Fermo restando la ovvia diversità dei rapporti personali e patrimoniali nascenti dalla convivenza di fatto rispetto a quelli originati dal matrimonio, è noto che la legislazione si è andata progressivamente evolvendo verso un sempre più ampio riconoscimento, in specifici settori, della rilevanza della famiglia di fatto.
Né può, sottacersi l’interpretazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, la quale tutela il diritto alla vita familiare, fornita dalla Corte EDU, che ha chiarito che la nozione di famiglia cui fa riferimento tale disposizione non è limitata alle relazioni basate sul matrimonio, e può comprendere altri legami familiari di fatto, se le parti convivono fuori dal vincolo di coniugio.
In conclusione, è possibile affermare che la violazione dei doveri coniugali o genitoriali, all’interno della famiglia, intesa nella più ampia accezione, qualora comporti la lesione di diritti costituzionalmente protetti, come la salute fisica e psichica, l’integrità morale, la dignità, l’onore e la reputazione, può costituire un illecito civile risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c., pertanto, in questi casi sarà possibile chiedere un indennizzo corrispondente al disagio subito, attraverso un’analisi del caso concreto volta ad accertare l’effettività della violazione e del danno subito dalla “presunta vittima”.
Stefania Mara Desantis
- Posted by Stefania De Santis
- On 30 Aprile 2019